venerdì 26 aprile 2013

Signorina cuorinfranti. Lettere da uno scrittore dimenticato


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La fama di West è basata in gran parte sulla sua sfiga. No, sul serio. Dovreste dargli un premio. Persino la sua morte prematura, drammatica, scioccante è stata offuscata non solo dalla morte quasi contemporanea di Fitzgerald (un altro esperto in fallimenti e autodistruzione) ma persino dalla morte di sua moglie (un'attrice). Aggiungiamo anche il fatto che in vita nessuno, a parte una manciata di critici, si era filato i suoi scritti. Sembra una beffa. Una tragedia beffarda. Come questo racconto. Era iniziato tutto con uno scherzo.

“Vide una donna vestita di stracci e con le gambe deformate dalla gotta raccogliere una rivista di racconti d'amore da un cestino dei rifiuti: sembrava molto contenta di quello che aveva trovato. Aizzato dalla sua coscienza, cominciò a generalizzare: gli uomini hanno sempre combattuto contro la loro misera condizione ricorrendo ai sogni. Anche se un tempo i sogni erano stati molto potenti, oggigiorno il cinema, i giornali e la radio li rendevano puerili. Tra i tanti tradimenti, questo era senz'altro il peggiore”

Un giornalista viene assunto con il compito di dare consigli a lettori disperati in cerca di una miracolosa rivelazione o di un semplice conforto. Il tormento. Quale miglior modo di lucrare? La rubrica avrebbe dovuto aumentare la tiratura del giornale e dare la possibilità di fare carriera allo scribacchino ambizioso. Per tutta la redazione, è uno spasso. La rubrica verrà firmata sotto lo pseudonimo di Miss Lonelyheart, che da questo momento in poi diventerà l'unica identità riconoscibile per il lettore che infatti non saprà mai il vero nome del protagonista. Quello che inizia come un gioco però si trasforma in un incubo.
Le esistenze disperate dell'America nel bel mezzo della Grande Depressione, narrate spesso in maniera sgrammaticata nelle lettere che riceve, si insinuano sotto la pelle di Miss Lonelyheart che non riesce più a scrollarsi il dolore di dosso. E soprattutto non riesce ad accettare la sua impotenza. Nelle lettere sono contenuti “appelli profondamente umili per ottenere consigli di ordine morale e spirituale, espressioni inarticolate di una sofferenza autentica”
Miss Lonelyheart si trova costretto a verificare i valori su cui è basata la sua vita “Questa verifica gli dimostra che è lui la vittima dello scherzo e non viceversa”. Qualsiasi cosa faccia, non riesce a dimenticare quelle lettere. Scivola in una spirale di autodistruzione: frustrazione, isteria, deliri di onnipotenza. Queste sono le fasi.

Il taglio della narrazione è blasfemo, cinico. Con un brillante humour nero, West ci presenta una parata di personaggi grotteschi, storpi, mutilati, morbosi. Menzione d'onore per il direttore del giornale, un campione di disumanità.
L'intreccio è frammentario, deformato da sogni, visioni, deliri del protagonista. La scrittura in questi passaggi si fa iperbolica, spigolosa, forse troppo.La pecca è quella di aver creato un racconto, geniale nell'idea, ma fin troppo cerebrale nei suoi sviluppi.
L'inevitabile fallimento di Miss Lonelyheart non scuote emotivamente il lettore. D'altronde non credo che l'intenzione dello scrittore fosse quella di emozionarci, ma, al contrario, quella di rendere bene l'idea di una desolazione sentimentale.  Un romanzo cupo.

West è meritevole di ogni attenzione. Il suo stile è sopraffino e, nonostante la mia possa essere una suggestione, con tutte le probabilità, ci troviamo di fronte ad un genio incompreso. La sua produzione purtroppo è molto limitata. Pare che “Il giorno della locusta” sia il suo migliore.

Citazioni da tirar fuori occasionalmente

“Qualsiasi tipo di ordine è fatalmente destinato a soccombere, eppure vale la pena di impegnarsi in questa lotta” 
"Anch'io ti amo", rispose lui. "Amo te e il tuo maledetto sorriso tra le lacrime"

sabato 20 aprile 2013

Ogni pagliuzza di sentimento

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Imbattendovi nella luminosa copertina di Canada, potreste pensare a questo romanzo come ad un “Into the wild”. Un'avventura fricchettona con dei bei paesaggi. Suvvia, si scherza. Anch'io ho pianto. Ma no, Canada non è Into the wild. Il paesaggio più suggestivo è infatti l'animo umano. È un'indagine in questo territorio inesplorato. No, non è un giallo. È la storia che non trovate sui giornali. La storia dietro un reato, in questo caso, una rapina in banca. La parola criminale avrebbe ancora lo stesso senso se foste costretti ad applicarla ai vostri genitori? Dell, narratore delle vicende, e Berner si ritrovano a fare i conti con questo interrogativo. Un evento inaspettato, per certi versi, estremo (anche se Ford ci racconterà i retroscena di un gesto che non ha nulla di eroico ma è più vicino alla miseria, al vuoto di un'esistenza insoddisfacente) che segnerà un confine tra la vita che avete sempre vissuto e la vita che avete davanti. Una frontiera da attraversare. Il Canada a cui fa riferimento il titolo è proprio questo: un non luogo, una terra al limite, un margine. La vita di Dell e Berner si è interrotta dal gesto sconsiderato dei loro genitori. Sono due gemelli di quindici anni e devono attraversare questa muraglia o rimanerci dentro. Berner decide di scappare via, riuscendo soltanto a correre sul margine di questo limite, senza oltrepassarlo mai e rimanendo bloccata in una vita di risentimento e recriminazione. Dell, invece, va in Canada. Un luogo dove il tempo sembra non avere importanza (non più), dove gli spazi sconfinati gli ricordano ancor di più quanto si possa sentirsi piccoli di fronte ad un futuro ignoto. E dove riuscirà a sotterrare la sua vecchia vita. Non è straordinario quando un libro riesce ad intrecciare, a partire da uno stesso episodio, scenari talmente dissonanti? Il modo in cui si reagisce, si seppellisce tutto o si rimane sempre a galleggiare in una marea di ricordi e di emozioni irrisolte (si potranno mai risolvere le emozioni? Forse solo buttarle fuori e darle una sorta di armonia, accettarle).
Dell è un narratore timido, un protagonista passivo, silenzioso. Osserva il mondo con il suo particolarissimo “contropensiero”. I fatti più salienti sono quelli che accadono nella sua mente. E così è il romanzo di Ford: pochi traumatici eventi, un caleidoscopio di reazioni e sentimenti. Un romanzo che si dilunga su ogni pagliuzza di sentimento. Necessariamente. Non è un a narrazione lenta, è una narrazione riflessiva, interrogativa. Non ci siamo più abituati.
Quanto scrive bene Ford.
In ultima istanza, i personaggi. Pochi, delineati in maniera impeccabile, carichi di potenzialità. Flo e Arthur Remlinger, i miei preferiti. Mi hanno ricordato molto Daisy e Gatsby ma a me chiunque ricorda quell' “autorità del fallimento” che era Fitzgerald quindi non badateci troppo.

"La vita che ci passano è vuota. Tocca a noi metterci dentro la parte della felicità"

P.S. Ignorate il commento di Ammaniti sul retro copertina. Provincia americana? Anni 60? Tutti elementi marginali che avrebbero reso il romanzo di Ford canonico, cosa che non è.

martedì 16 aprile 2013

Soundtrack Reading #1

Primo appuntamento di una rubrica che spero diventi mensile ma io sono io quindi non vi prometto niente. Prendetela così, come un temporale d'estate in Sicilia: raro. 
Come da titolo, parliamo della colonna sonora che accompagna la lettura. Sono graditi suggerimenti, dritte, parolacce, risse da bar e quant'altro sotto nei commenti.
So già che molti di voi preferiscono il meraviglioso e pacifico silenzio per una buona e concentrata lettura. Io no. O meglio, non sempre. Palahniuk mi definirebbe "silenziofoba" (capitolo 3, pagina 24 di Ninna Nanna, andate). Non lo so, lasciatemi in pace.
Come primo appuntamento, l'elenco di artisti (tre e saranno sempre e solo tre al mese, se si prolungherà ancora questo esperimento) sarà estremamente banale. Tutti artisti dalle sonorità particolari ma delicate.
Il primo è un giovanotto che sta facendo impazzire il mondo indie: James Blake
La mia preferita è la cover ormai vecchiotta di "Limit to your love" di Feist. 
Ascolto spesso anche Overgrown e The Wilhelm Scream



Il secondo artista è Bon Iver, la sua voce e i suoi testi parlano per lui. Il suo vero nome è Justin Vernon, ha una barba ed è un tipo (che immagino sia) timido e leggermente scostante. Proprio come piacciono a me.  Ha fatto anche una collaborazione con Blake (di cui sopra) che per me è bellissima. 
è lui quello di SKINNY LOVE non quella Birdy maledetta. Le mie preferite comunque sono Emma e Blood Bank (che mi spezza il cuore tutte le volte).



Il terzo e ultimo è un nostrano. Ve lo dico già da prima, è una scelta scontata. Ludovico Einaudi. Di musica non sono un'esperta ma quando suona lui, arrivederci. Le mie preferite sono tutte.   

 

Il Jolly è la categoria extra per tizi che non so se vadano bene per la rubrica però ce li metto lo stesso.
Jolly: non so quanto possa valere il classico Bob Dylan, visto che sarebbe un paroliere. E i parolieri mentre leggiamo sarebbero una distrazione ma la voce nasale e stoned di Bob distorce ogni parola e quindi per me è un BIG YES. 

domenica 14 aprile 2013

I granchi dell'editoria: Se il nuovo Dostoevskij fosse tra noi

Nuova collaborazione sul sito Youbookers.

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Chi di noi non si è lamentato almeno una volta delle politiche di pubblicazione – molto discutibili – delle case editrici? Autori pretenziosi, trame trite, stile piatto, narrazione svogliata, titoli superficiali, zeppi di luoghi comuni. Questa è l'immagine che molti lettori hanno della letteratura contemporanea. C'è un fondo di verità ma è davvero possibile ricondurre tutto al deserto culturale?
La risposta è ancora e per fortuna, no.

Sarebbe interessante capire quanto i sostenitori del cinismo di cui sopra siano aggiornati sulle novità del mercato. Secondo il mio modesto parere, molto poco. Negli ultimi sei mesi, ho letto ben due autrici emergenti degne di nota (McCleen e Dubois). Quanti di voi disillusi letterati le conoscevano? Quante novità valide passano inosservate sotto i nostri occhi? Le case editrici non rischiano, si decanta. I lettori, invece? Cercate di ricordare l'ultima volta che avete comprato una novità a prezzo pieno. Non vi tedierò dilungandomi sul prezzo dei libri (e sul suo valore proporzionale) oggi. L'ho già fatto qui. Voglio solo fare un'ipotesi. Se Dostoevskij fosse un nostro contemporaneo, riuscirebbe ad emergere in questo mercato, con questi lettori che storcono il naso se un prezzo supera (a volte di poco, a volte di molto) i diciassette euro?

(Continua a leggere qui)

giovedì 11 aprile 2013

Self-publishing: democratico strumento per emergenti o meccanismo di un mercato malato?

 Il self-publishing e il mercato dei libri digitali sono le grandi novità con cui l'editoria sta facendo i conti. Sono due fenomeni speculari. Infatti l'auto pubblicazione è sempre esistita -  pensiamo a fenomeni come quello di Federico Moccia, intento a distribuire copie fuori dai Licei – ma è in correlazione al mercato digitale che si sta imponendo come una fetta di mercato da tenere in considerazione. Lo spazio online, soprattutto se messo a disposizione da grandi colossi come Amazon, permette di azzerare i costi di produzione e di distribuzione, ma anche il lavoro di editing. Il costo di produzione è difatti inesistente in quanto copia digitale ,del cui formato e della cui “manutenzione” si occuperebbe l'autore stesso, e il lavoro di editing, così come il lavoro di distribuzione, sono anch'essi a carico dello scrittore-pubblicatore (condividere sul web graverebbe unicamente su di lui, dipenderebbe dal suo impegno, non dal reparto marketing di una casa editrice).  Insomma il self-publishing riduce all'impotenza la casa editrice, mediatrice tra scrittore e pubblico.  C'è chi gioisce perché vede nell'auto pubblicazione un mezzo democratico per emergere senza dover “regalare” soldi a intermediari spesso scomodi, poiché è radicata in molti lettori  e scrittori l'immagine di una casa editrice cinica e sanguisuga, defraudatrice, che lucra sul merito altrui. La realtà, naturalmente, è molto diversa (continua qui)  

Continua l'entusiasmante collaborazione con il blog Sangue d'inchiostro