sabato 27 luglio 2013

I granchi dell'editoria #4- Perchè non supporto Amazon

Continua la collaborazione con il sito Youbookers. Questa volta è il turno di Amazon. Perché non mi convince come rivenditore e soprattutto come editore. Numerosi commenti sul fatto che ho scritto delle "puttanate". Peccato che tutte le notizie riportate siano verificate su siti esterni. Lo so, è difficile riflettere sulle nostre abitudini di acquisto. Specie se si tratta di mettere mano al portafoglio...

 http://www.youbookers.it/images/stories/rubriche/I_granchi_delleditoria/amazon-box-robot.jpg


Il colosso editoriale di Jeff Bezos ha battuto ogni record. Il valore di mercato di Amazon al momento è pari a 140 miliardi di dollari. Una cifra astronomica. È difficile trovare un lettore che non abbia usufruito almeno una volta dei vantaggi del gigante dell'e-commerce. Sembra che oggi nessuno possa fare a meno delle politiche stracciaprezzi e dell'efficienza di Amazon. Io sono l'eccezione.
Ci sono tre notizie, apprese nel corso di quest'anno, che mi hanno spinto a non mitizzare né tanto meno sostenere il sito americano.
  1. Lo scandalo scoppiato in Germania per le insostenibili condizioni di lavoro imposte agli operai (potete visualizzare un articolo cliccando QUI)

  2. Amazon apre le porte ai fandom: creata la nuova piattaforma kindle worlds (potete visualizzarla QUI, se invece desiderate saperne di più eccovi un articolo interessante), destinata alla pubblicazione di fanfiction a prezzi (ovviamente) ridicoli.
  3. Amazon compra il social network sui libri più importante del mondo: Goodreads. (cliccate QUI per visualizzare la notizia)

Velocità ed efficienza le parole d'ordine di Amazon, probabilmente il motivo della sua fortuna. Cosa c'è dietro un apparato così metodico? Una gestione del lavoro che ripaga in termini monetari ma che forse perde in umanità.

(CONTINUA QUI

giovedì 25 luglio 2013

Una finestra su Yates e Carver


 Yates e Carver sono quei nomi che ti rimbombano in testa da sempre. Un rimando casuale da parte di uno scrittore, una citazione in un film, un riferimento in un articolo di giornale. Sono ovunque in letteratura. Negli scaffali, tra i critici, annoverati tra gli autori più influenti, più consigliati, più amati, più detestati. Ho questo assillo da molto tempo: non aver ancora letto nulla di questi due maestri. Ora il problema è smettere. 

Perché ve ne parlo nello stesso post? Perché entrambi scrivono racconti? Perché entrambi sono americani? Non ho bisogno di lanciarmi in voli pindarici sull'importanza dell'esperienza americana nell'arte della short story. Quel modo americano di raccontare: con quel realismo lucido, analitico, a tratti brusco. Perché breve non è mica sinonimo di "superficiale, vuoto, inconcludente", come purtroppo continuano a riferirmi i non lettori di racconti. Queste due raccolte sono pienissime, strabordanti, ti travolgono con il loro carico di angoscia e disperazione invisibile.
Ho letto America oggi, e folgorata, ho iniziato subito Undici solitudini. Indovinarne due di fila così, è veramente raro.  Sarà perché ne ho sempre sentito parlare insieme. Yates e poi Carver. E io prima ho letto Carver con i suoi finali che ti spezzano il fiato e poi Yates con i suoi personaggi fuori posto, rotti, cattivi. Questo loro modo di indagare nelle piccole e misere vite quotidiane, fatte di ricatti e silenzi, trucchi e maschere. Non avete idea di cosa c'è dietro la normalità. Di cosa c'è dentro una banale e tranquilla vita in provincia.
"Due cose sono sicure: uno, ormai alla gente non gliene frega più niente di quello che succede agli altri; due, qualsiasi cosa succede, succede agli altri (...) E, intanto, la gente intorno a te continua a chiacchierare e a comportarsi come se fossi la stessa persona che eri ieri, stanotte, cinque minuti fa, e invece tu stai attraversando una crisi profonda e ti senti il cuore a pezzi…"
Con tutta quell'acqua a due passi da casa , America oggi
"Tutti avevano il cuore spezzato, certo. Però, lo stesso". 
Limonata, America oggi 


L'indifferenza degli altri. Il loro maledetto andare avanti. E tu non puoi. La solitudine che si arrampica sulle costole, infetta le esistenze dei protagonisti. Delle monadi, stanze senza finestre, che però non hanno alcun innatismo, non rispondono a nessun ordine. Sono lì, e basta. Siamo qui, e basta. Alla ricerca che qualcuno si accorga. E si fermi. Lo scrittore non può essere soltanto un altro spettatore. Questi due scrittori si sono fermati, hanno raccolto la testimonianza, la narrano, la consacrano.  
Hanno portato la luce in queste esistenze, uno sguardo gettato su quello che gli altri ignorano. La tensione drammatica che percorre le pagine e che eleva il quotidiano, il prosaico a collante universale. Questa è la letteratura che ci insegna a guardare meglio, a cercare le finestre ma anche le crepe vanno bene. Anche dalle fessure entra la luce.  

 “E dove sono le finestre? Da dove entra la luce?
Bernie, vecchio amico, perdonami, ma per questa domanda non ho la risposta. Non sono neppure sicuro che questa particolare casa abbia delle finestre.
Forse la luce deve cercar di penetrare come puo’, attraverso qualche fessura, qualche buco lasciato dall’imperizia del costruttore. Se è così, sta’ sicuro che il primo a esserne umiliato sono proprio io. Dio lo sa, Bernie, Dio lo sa che una finestra ci dovrebbe essere da qualche parte, per ciascuno di noi.”
Costruttori, Undici solitudini


Note a pié di pagina: mi fate un favore? Leggete anche Fitzgerald dopo Yates. E capirete. Sì, capirete che cose straordinarie hanno fatto queste "autorità del fallimento".